Gay & Bisex
La pineta magrebina 1


28.08.2023 |
17.559 |
21
"Invece, mi rigirò e, con una forte sculacciata, mi fece piegare..."
Uscii dal lido, andando verso l’auto. Non sopportavo più il frastuono delle comitive, dei ragazzini e delle radio, così come il chiacchiericcio continuo di Francesca e della sua amica che ci aveva invitato a trascorrere qualche giorno di vacanza da lei in una struttura turistica di Paestum. L'abitazione era a poche centinaia di metri dal mare, ma a stento ci si poteva muovere. Il bagno, poi, era così piccolo che che una persona più grossa non ci sarebbe entrato. Ero lì da sei giorni e con Francesca non avevo ancora battuto chiodo, per timore di mettere in imbarazzo l’amica.In slip e t-shirt bianca, salutai il parcheggiatore, esprimendogli il mio timore per le condizioni dell'auto tra caldo, polvere e possibili graffi.
Non era male. Sui quarantacinque anni, con tanto di pesante collana sui peli irsuti, canotta e tatuaggio sul braccio destro. Era piuttosto alto, con un bel fisico nonostante un filo di pancetta. Me ne stavo a parlare con quel fusto abbronzato e, intanto, gli guardavo il pacco stretto nel suo costumino attillato. Lo metteva in bella mostra con l’uccello a destra che premeva sul bacino peloso. Mi disse d’essere napoletano, che conosceva tutti in quel campeggio e mi rassicurò sull'auto, consigliandomi, comunque, d’aprire un po’ i finestrini.
Feci un po’ di metri, indirizzandomi verso la pineta che ombreggiava le auto. Tre magrebini, per ripararsi dalla calura, avevano poggiato lì la loro mercanzia.
Dopo aver controllato l’auto, presi dal cofano uno zainetto. Per cospargermi al meglio di crema protettiva, cominciai a togliermi la maglietta. Non convinto di averla messa bene ovunque, mi tirai un po' giù il costume, donando involontariamente la visuale di parte delle mie chiappe pallide. Mi resi conto che gli occhi dei tre venditori si muovevano lungo il mio corpo, arrossato e lucido di crema solare. Ricambiai i loro sguardi con un sorrisetto, quasi a volermi giustificare.
Uno dei tre mi si accostò con una borsa sportiva a tracollo. Era un gran bell'uomo sulla trentina: “Buongiorno, sono Hicham... Tu vuoi qualcosa da me?”
Era a torso nudo. Fui inebriato dall’odore della sua pelle e ipnotizzato dai larghi pantaloni chiari che, nonostante fosse a riposo, erano sospinti da un bel cazzo penzolante: “No, grazie."
- "Non vuoi vedere cosa vendo a te?"
Non tradivo Francesca da mesi, ma il mio sogno di scopare con un magrebino era attecchito da quando avevo potuto ammirare in un film porno un bel beur francese che aveva aperto in due il culetto di un ragazzino in una specie di sotterraneo. Avrei voluto provare a farmi scopare da uno così, ma in quel momento mi sentii solo congelare dall’imbarazzo.
- "Grazie, ma non mi serve nulla!" - risposi un po' stizzito, non riuscendo, però, a distogliere lo sguardo dalla leggerezza del tessuto che, in controluce, metteva in risalto il suo uccello. Un altro dei venditori, Yassin, si avvicinò e mi mostrò la mercanzia che custodiva nella borsa. Anche lui notevole. meno bello di viso rispetto all'altro ma con un gran fisico. Avrà avuto più o meno una quarantina d'anni. Benché preso da ben altri pensieri, gli chiesi, giusto per essere cortese: "Avete almeno delle cose tipiche?”
Yassin rispose; "Tutto quello che tu vuoi, sharmoota" (cagna).
Chiesi cosa volesse dire la parola che mi aveva destinato e mi disse che si trattava di una forma di saluto, di rispetto. Quindi, sparse per terra un telo etnico, ma sopra non posizionò nulla di quanto aveva in borsa.
Hicham si guardò attorno, per verificare che non ci fosse il parcheggiatore e, disinvolto, si mise a posto il pacco: “Tu piace? C'est assez grand!"
Da finto ingenuo lo stuzzicai, dicendogli che non sembrava che ce l'avesse poi così grande come asseriva.
- "Tu, amico, guarda bene!"
Mi mise una mano sulla spalla, spingendomi in basso. Mi piegai con le ginocchia sul telo. Alzai lo sguardo, poggiando la testa sulla portella infuocata dell’auto. Il magrebino tirò fuori un cazzo bruno e circonciso: “Amico, è un regalo a te!”
Sospirai, scrutando quell'abbondanza. Non era un film, era un gran manzo in carne ed ossa. I miei occhi rimasero fissi sul quel sesso prigioniero nella sua mano, non tanto lungo, ma di un diametro almeno doppio rispetto alla media. L'eccitazione di quell’uomo dalla pelle olivastra si mescolava con il mio imbarazzo, creando un'alchimia di emozioni. Iniziai a massaggiarglielo con il palmo della mano aperto, stringendoglielo ogni tanto per saggiare la sua durezza. Scesi e gli carezzai dolcemente le palle, con movimenti circolari. Ogni tanto gli facevo qualche grattino leggero tra i coglioni e, subito, procedevo a smanettargli l’asta.
Yassin, che aveva già cominciato a menarselo, mi si avvicinò e me lo puntò verso bocca. Anche lui era dotato. Più lungo del primo, ma meno spesso e con la capocchia che puntava in alto.
Glielo strinsi tra le labbra. Iniziai a muovere il mio capo avanti e indietro, mentre segavo il primo con movimenti lenti ma profondi. Era un su e giù, al quale alternavo ogni tanto un gesto rotatorio e una succhiata intensa di punta. Proseguii per un po’ così, con aspirazioni lente ma profonde, finché anche l'ultimo, il più giovane, Jamal, venne a masturbarsi vicino alla mia faccia. Il ragazzo dai capelli lunghi e neri, indispettito dal tempo che avevo già dedicato agli altri, mi afferrò per i capelli, avvicinandomi al suo pene circonciso: " Helweh. Masa qadibih!"
Così mi ritrovai alle prese con tre minchioni in erezione da dover masturbare e sbocchinare alternativamente.
Sentivo la loro pelle di seta scorrermi fra mani quando gli stringevo per i glutei, mentre carezzavo la loro parte più virile ogni volta che affondavano nella mia bocca. Ogni tanto interrompevo l’andirivieni nella mia gola di uno, afferrando un altro e strofinandomelo voluttuosamente sulle guance, baciandolo con foga, per poi concentrarmi sul terzo.
Sentimmo rumori. Una famiglia stava rientrando dalla spiaggia per andar via in auto. Ci spostammo in pineta con finta indifferenza mentre i tre cazzoni premevano vistosamente nei larghi pantaloni chiari.
Cercai di dirgli che era ora di andare per me, ma Hicham mi sorrise: “Mabifrik ala zibi!” (Non me ne frega un cazzo!)
- “Che vuol dire? - chiesi.
Non mi rispose, ma mi leccò sul collo. Si chinò lentamente e prese un capezzolo in bocca. Mi succhiò con avidità, facendoci girare la lingua intorno, con movimenti rotatori. Sentivo la sua lingua calda umidificarmi le tette e questo mi sarebbe già bastato per godere. Invece, mi rigirò e, con una forte sculacciata, mi fece piegare. Mi voltai, chiedendo di finire tutto di bocca, perché non era il caso di andare oltre, ma Hicham mi stava già dilatando le chiappe dicendomi: "Tkaseresce bidi " (Non rompere i coglioni).
In realtà, essere oggetto del desiderio di tre uomini del genere allo stesso tempo, essere usato per il loro piacere mi eccitava alquanto!
Il maschione sudato fece cadere un po’ di saliva sulla sua cappella, ma il ragazzo lo fermò. Corse a prendere la mia crema solare, rimasta vicino all’auto, e la spremette sul cazzo del compare e poi sul mio buchino.
Hicham mi si accostò. Cercai di afferrarlo per indirizzarlo. "Fai piano!", gli dissi, anche se non aveva senso protestare.
Sentii che mi sputava ancora sul buco e poi che spingeva con forza: “Iktafi!” (Fottiti!)
M’impalò lentamente. Si fermò per godersi l’anello di carne che fasciava neppure metà del suo uccellone, mentre Yassin allargava le mie chiappe con le mani per facilitare l'impresa.
Dopo aver dato il tempo al mio povero foro di adattarsi alla prima intrusione, lo tirò fuori. Prese altra crema solare e l'applicò a piene mani nella voragine che aveva appena aperto. Quindi, con un unica spinta, Hicham lo piantò fino alla radice, strappandomi un grido. Tappatami la bocca, iniziò a pompare con sempre maggior vigore, fino a raggiungere una furia animalesca. Il suo membro usciva quasi completamente, per poi affondare fino in fondo. Preso dal godimento, io inarcavo la schiena e andavo incontro ai colpi del mio inculatore, per cercare la massima penetrazione, mentre era ripresa la giostra dei peni nella mia bocca.
Hicham si sfilò e nel mio culo subentrò Yassin, il più maturo dei tre. Avendo trovato un percorso già godibile e umido, la sua grossa cappella ricurva affondò come nel burro. Le sue spinte furono subito più poderose. Inarcai la schiena e mi aprii il più possibile per permettergli di spingere profondamente. Sobbalzai in avanti ogni volta e ogni volta sembrava migliore.
Arrivò il turno del ragazzo. Jamal affondò la testa nell’incavo della mia spalla e cominciò anche lui, quasi con cattiveria. Lo sentivo ansimare al ritmo della scopata. Spingeva come se volesse sventrarmi in competizione con il primo. Mi stringeva le tette, che non avevo, standomi sopra con tutto il suo peso. Le bordate che m’infliggeva erano così energiche che iniziai ad oscillare paurosamente, pur reggendomi a un tronco. Il ragazzo, pur avendo non più di una ventina d'anni, dimostrava un’inusuale resistenza all’orgasmo. Appoggiai gli avambracci e mi aggrappai meglio al tronco, per contrastare un ultimo affondo mentre mi diceva - "Ibin Sharmootah!" (La puttana di tua madre!)
Pensavo volesse sborrare e, invece, si sedette sul terreno, poggiando la nuca al tronco. Mi posizionai a cavalcioni sul suo ventre. Afferrai l’uccello, lo puntai sullo sfintere e m'impalai a fondo. Mi fermai per qualche istante e, subito dopo, cominciai a eseguire dei movimenti circolatori con il bacino, come alla ricerca di una penetrazione più profonda. Jamal, intanto, mi pastrugnava le tette, succhiandomi i capezzoli come se fossi stata una donna.
Avevo dato inizio a un saliscendi sempre più veloce quando, a un tratto, mi attirò a sé, stringendomi il petto contro il suo e lasciando scivolare fuori il suo cazzone. Mi divaricò le natiche per far ammirare agli altri la mia voragine anale e, in uno strano francese, lamentò che m'avevano completamente sfondato, che non sentiva praticamente quasi niente. Non aveva tutti i torti, benché avessi provato a stringerglielo con tutta la forza dei miei muscoli anali.
Hicham poggiò il suo uccellone spesso fra il cazzo del ragazzo e il mio culo. Rimase a giocherellarci un po’, mentre il giovane mi fotteva di nuovo con ritmici colpi di bacino. Jamal era davvero bello, tanto che gli carezzai la pancia e le gambe e lo fece anche lui. La sensazione fu eccessiva da reggere. Infatti, sborrai sul suo torace, miagolando come una troietta. Ebbi un orgasmo lungo, quasi doloroso. Il ragazzo sembrò esaltato da questa cosa, forse era la prima volta che vedeva uno godere di culo. Quel languore mi prese il cervello ed ebbi voglia di baciarlo. Mi feci coraggio e mi accostai. Lo stronzetto, però, diede un'occhiata ai complici e mi evitò, mentre l’altro continuava a giocherellare con la sua capocchia. Ero convinto che si sarebbe accontentato di quello sfregamento e che avrebbe finito per menarselo e, magari, regalarmi una sborrata sulla schiena. Invece, Hicham ordinò al più giovane di fermarsi.
“Hal 'ant majnuna? hakadha naksiruha!” (Ma sei impazzito? così lo spacchiamo!) - contestò il ragazzo.
- "C'est déjà une vraie galère. Il va aimer ça!" ( E' già sfondato. gli piacerà!) - replicò in francese.
Senza aggiungere nulla, ma evidentemente già esperto, dopo essersi cosparso di crema solare il cazzone, non trovò molta resistenza. Con poche spinte incuneò la sua capocchiona tra la parete alta dello sfintere e l’uccello del giovane amico. Quindi, con un energico affondo, si piantò anche lui nel mio martoriato buchetto. Strabuzzai gli occhi ed emisi un gridolino, spaventato dalle possibili conseguenze.
Yassin, l’unico libero, mi tappò la bocca: “Buono amico… Tkaseresce bidi!” (Non rompere i coglioni)
Mi scoparono in sincrono. Non riuscivo a credere d'essere in mezzo a due energumeni che mi devastavano l'intimità. Non credevo di poter mai ricevere senza danno due arnesi del genere. Soffrivo, eppure era una sensazione paradisiaca sentirli completamente in corpo. Mi sentivo strapieno di loro, mi sembrava di non potermi muovere. Il mio godimento era più che evidente, mentre con le mani mi tenevo le chiappe divaricate per accogliere appieno quelle due virilità che mi stavano squartando.
Mi lasciai spingere per diverso tempo da una parte all’altra dai due arnesi che m’impalano, mentre le lingue dei due uomini mi esploravano la schiena, il collo, le orecchie, mentre le loro mani mi afferravano e mi consumavano la pelle arrossata dal sole. Smisi d’avere coscienza della situazione quando li sentii vibrare e una sequenza inarrestabile di orgasmi mi esplose nelle viscere. Ancora duri, li tirarono fuori. Yassin mi schiaffeggiò il culo, chiedendomi di mostrargli quanto i suoi amici m'avessero riempito. Mi schiaffeggiò ancora e, a quel punto, pisciai tutto il loro sperma tra la soddisfazione e l’ironia generale.
Yassin, che non aveva ancora eiaculato, mi si accostò: "'Ant eahiratan, hamil bial'awlad ghayr alshareiiyna!" (Sei solo una troia gravida di bastardi!).
Cercai di allontanarlo. Mi faceva male il culo, la mandibola, la schiena. Ero distrutto!
- "Amtasi qadaybi alkabira, 'ayatuha aleahiratu!” (Succhia il mio cazzone, puttana!) mi ordinò l'uomo.
I compari, cogliendo il suo nervosismo, mi fecero stendere per terra con una certa forza.
Hicham, forse per darmi una qualche soddisfazione ulteriore, mi sditalinò l'ano, infilandomi quasi tutta la mano. Yassin, a quel punto, si poggiò sul mio petto e me l'infilò in gola.
Incazzato per la mia scarsa partecipazione, dopo poco cominciò a masturbarsi forsennatamente. Avevo la bocca aperta a pochi centimetri dalla punta del suo pene. Lo squadrai in viso e lui guardò me, mentre la sua mano andava sempre più veloce. Gli partì una schizzata violentissima. Il primo getto mi accecò e fui costretto a chiudere gli occhi. Il secondo e il terzo schizzo finirono in parte sul tronco dell’albero e, in parte, direttamente sulla mia faccia. Un nuovo spruzzo mi arrivò direttamente in gola, avendo quello poggiato il cazzo direttamente sulla mia lingua. Terminato lo spurgo, lo presi in bocca, lo succhiai e ingoiai ciò che restava del suo piacere. Nel farlo, sborrai di nuovo, questa volta sul mio bacino.
Mi poggiai all'albero. Avevo la bocca impastata di sperma. Mi leccai le labbra. Fuori, ne avevo altra che mi colava sulle guance e dal naso. La presi, almeno fin dove arrivava la mia lingua.
Ci staccammo, stravolti. Li osservai rivestirsi. Erano esemplari eccezionali di maschio. Scuri, dal fisico perfetto, dotati e irruenti. Quasi perfetti, perché Hicham mi chiese dei soldi per il servizietto. Non cedetti.
Mi lasciarono lì, nudo, coperto di sperma, sudato e con i vestiti gettati nella polvere. Avevo le labbra livide e mi faceva male il buco. Mi ripulii con alcuni fazzolettini di carta, mi sistemai un po’ e rientrai in spiaggia.
Prima di raggiungere la mia ragazza, mi tuffai in mare. Pensai che l’acqua avrebbe inumidito e confuso le possibili tracce di eiaculazioni e che, soprattutto, avrebbe potuto calmare il dolore anale a cui si erano aggiunti bruciore, prurito e una sensazione di estremo calore nell’orifizio. Mi era andata già bene, visto i calibri che avevo preso e, sicuramente, non sarei potuto andare dal medico del campeggio e dargli spiegazioni.
Cercando di camminare al meglio, tornai all'ombrellone, spiegando che avevo fatto tardi per gustarmi un gelato al gusto di caffè con un'abbondante dose di panna.
Francesca sorrise: "Solo uno? Conoscendoti, non ci credo! Poi non ti lamentare, perché lo sai che certe abitudini ti fanno male."
- "Amore, lasciamo perdere!"
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Commenti per La pineta magrebina 1 :
